LASAGNE A TEHRAN

marzo 31, 2012 § 13 commenti

Racconto Giallo

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La sveglia suona alla solita ora. Ho un attimo di perplessità, non avendo ancora scacciato il sonno e con la mente intorpidita. Oggi è festa, accidenti non ho scollegato la sveglia; mi rimetto in posizione cercando di ritrovare il sonno ed il filo dei sogni.

Mi rigiro,ma il sonno non arriva. Dalla finestra entra un fiotto di luce che si fa sempre più intenso,i rumori non sono i soliti ,vi è una strana pace, la città si è svuotata, la megalopoli respira, nelle sue vene non scorre il solito traffico caotico, le macchine sono rade, i clacson tacciono, anche i motori sembrano più quieti.

Mi costringo ad alzarmi e mi butto sotto la doccia, mi rado e cerco di riprendere forma, sono le 8.00, una giornata davanti ,non ho fatto programmi, la casa è silenziosa , tutto sembra in una dimensione particolare, dilatata con i contorni sfumati. Mi preparo la colazione, gesti forzatamente lenti come se volessi controllare il tempo. Decido di uscire, di andare a godere di questa mattina luminosa, la città è mia.

Mi vesto e scelgo cose comode, informali, fuori dalla finestra una voce con il megafono ,una frase ripetuta, cerco di capire, c’è un pick-up, un paio di uomini in male arnese, sgomberano ripostigli. Mi ricordo che a casa mia ci sono gli ombrellai che girano per le strade, facendo gli stessi versi.

Esco e nell’atrio incontro il portiere e ci scambiamo la solita sequela di saluti tipicamente iraniana mi rende noto che è festa e perciò niente lavoro,.e già..

La strada è deserta, m’incammino per raggiungere la Valiasar ,la strada metropolitana più lunga del mondo e normalmente una delle più trafficate. Poco più avanti c’è il solito pakistano che con una canna d’acqua lava il tratto di marciapiede di pertinenza del palazzo dove lui ha le mansioni di aiuto portinaio, svolge coscienziosamente il suo lavoro non tralasciando neanche una piccola parte di marciapiede,  io sono costretto a scendere in mezzo alla strada dove si è formato un rigagnolo che corre impetuoso lungo la discesa. Mentre cerco di evitare le pozzanghere ,lui mi saluta e anche lui si sproloquia in una serie di saluti formali ed un tantino ipocriti, per loro è strano che uno straniero risponda in farsi.

Un paio di gazze atterrano una decina di metri davanti me, non ho mai visto tante gazze in nessuna  parte del mondo come a Teheran   ,sostituiscono con le tortore i nostri piccioni, si mettono a beccare un sacchetto e ne estraggono della carta d’alluminio che emette bagliori nel sole, litigano un po’ tra loro finché una non si alza in volo con il suo tesoro nel becco e sparisce tra le fronde degli alberi. Mi fermo a guardare quella rimasta  che con il lungo becco cerca di squarciare alcuni sacchetti di spazzatura , e brutta ,con il corpo di un grigio cupo e la testa nera, occhi che non stanno fermi un attimo ,poi si accorge di me , emette un paio di volte il suo verso sgraziato e vola via e io mi rimetto in cammino.

La Valiasar è praticamente deserta, solo alcune vecchie “peikan” arrancano in salita con i motori eternamente imballati, i pedoni sono rari, guardo verso il parco e vedo che gli irriducibili della ginnastica sono già all’opera.

I negozi sono ancora chiusi, mi dirigo a nord e percorso circa mezzo chilometro arrivo davanti al negozio del vecchio ebreo che vende pezzi di antiquariato e chincaglieria varia, lui è già all’opera e io entro sperando che nell’ora mattutina sia più ben disposto e non come al solito scontroso.

Il vecchio ebreo potrà avere poco più di 80 anni con la classica cuffietta sulla testa e una barbetta ispida, stamattina indossa un gilèt nero su un’ampia camicia e un paio di pantaloni a sbuffo con le immancabili ciabatte . Si muove lentamente cercando di spostare qualche pezzo in un ordine improbabile dato che il caos regna sovrano, tra i vari strati di oggetti come in ere geologiche , guarda e mi riconosce e mi lascia curiosare tra le sue cose .Vi sono molti pezzi di cui non conosco l’uso ne tanto meno se hanno una funzione precisa, qualcuno ha un aspetto piacevole, in un angolo scovo un vecchio lume a olio in ottone con strane scritte in rilievo che mi sembrano in cirillico. Provo la funzionalità del movimento dello stoppino che sembra rispondere alle mie sollecitazioni , il vecchio mi si avvicina e mi porge il classico vetro da porci sopra  e ne ammiro l’effetto, si mi piace, ed ora arriva la parte del prezzo e della trattativa. Il vecchio è un osso duro si regola l’apparecchio acustico e inizia la pantomima, lui è povero e non ci guadagna niente e così via. Io ho imparato le tecniche e dopo una decina di minuti concludiamo con una stretta di mano l’estenuante battaglia ,per poco più di una dozzina di euro mi sono portato via un bel pezzo che farà la sua figura in qualche angolo della mia casa. In questi rapporti di compravendita la base è che chi compera sia soddisfatto e che sia convinto di aver fatto un buon affare e chi vende altrettanto e io ero soddisfatto e il vecchio anche , avevo visto un sorriso sul suo volto.

Attraverso la strada e decido di andare verso il parco, fatti poche decine di metri vengo assalito da un odore penetrante di verdure bollite e altro indecifrabile, trattengo il fiato e sorpasso questo sgabuzzino che vende la sua brodaglia in scodelle dall’aspetto poco invitante, chissà come saranno state lavate, alcune teste di pecora sono in mostra in una bacinella ,per gli iraniani sono una delizia, io non sono neanche mai riuscito ad avvicinarmi .

Mentre ripenso a quella brodaglia nella mia mente si materializza l’immagine di un piatto di lasagne con la besciamella che deborda dai vari strati di pasta e il ragù che rosseggia , ne percepisco il profumo e le mie papille gustative entrano in agitazione e mi sembra di sentirne il gusto, ho l’acquolina in bocca, la mente si satura e si bea della visione , ho come una sensazione di piacere .

In automatico penso alla lista degli ingredienti, è tutto reperibile, cosa ho in casa ,cosa mi manca. La decisione è presa oggi mi esibirò nella preparazione di una teglia fumante di lasagne.

Bene , lasagne prima di tutto poi carne macinata per il ragù e pomodori freschi , latte e farina per la besciamella , sottilette e mozzarelle. I negozi stanno aprendo e riesco velocemente a procurarmi gli ingredienti, manca il prosciutto ,per  motivi religiosi è impossibile trovare salumi con carne di maiale, ne farò a meno

Mi avvio verso casa e la salita si fa dura con le borse della spesa e la lampada a olio , il palazzo ha la tendenza ad allontanarsi quando si percorre questo tratto di strada e sembra che la distanza aumenti invece di diminuire. Finalmente arrivo davanti all’atrio e come al solito i portinaio sta giocando con l’acqua innaffiando le piante e le aiuole spennacchiate, mi si rivolge con i soliti saluti ai quali mi sottraggo con un semplice “Hello” ,ora che ho scelto il menù non vedo l’ora di metterlo in pratica.

Butto le scarpe dove capita e le borse della spesa sul bancone della cucina, una strana euforia mi pervade.

Metto sul gas l’acqua per scottare i pomodori e eliminare la buccia, mi accanisco con un trito di cipolle e carote con un gambo di sedano, quando ritengo che il grado di finezza sia sufficiente preparo un tegame con i bordi alti con olio extravergine e faccio soffriggere il tutto, nel frattempo passo i pomodori “pelati” nel passaverdura ottenendo un composto profumato, la cipolla è imbiondita e butto la carne macinata, facendola rosolare ,aggiungo il pomodoro, un po’ di peperoncino sbriciolato.

Metto il coperchio e  .abbasso il fuoco, ora c’è da aspettare…

Nel frattempo mi do da fare con la besciamella: tre cucchiai di farina in un litro di latte quando raggiunge una certa densità è pronta, riduco la mozzarella a grumi in modo da poterla distribuire, grattugio una buona quantità di grana  e imburro la teglia, tutto è pronto ,solo il ragù ha bisogno di ancora un po’ di tempo.  Assaporo i vari odori e pregusto già il risultato finale.

Normalmente preferisco arrivare e trovare pronto ma qua il cucinare è un modo di impegnare il tempo in maniera costruttiva ,non ci sono impegni impellenti, dopo il lavoro qualsiasi cosa è un modo per spendere il proprio tempo.

Finalmente il ragù ha raggiunto la consistenza richiesta e mi accingo a creare: .uno strato di ragù la pasta un altro strato di ragù besciamella e formaggi e così via fino all’esaurimento della pasta e la teglia è completa  il forno è caldo, metto dentro la teglia e sto in attesa della cottura .

Guardo fuori dalla finestra e noto un capannello di persone che discutono animatamente e non riesco a capire il motivo del contendere, le voci si fanno alte e altre persone si aggiungono, cosa starà succedendo?

Nel frattempo il profumo della cottura esce dal forno e aleggia nell’aria, il mio collega arriva in cucina all’alba del mezzogiorno con gli occhi gonfi di sonno e il naso all’insù cercando di capire di che tipo sia il profumo che aleggia e da cosa provenga ma non essendoci niente sui fornelli è perplesso, mi vede accanto alla finestra e si unisce a me volendo sapere cosa succede, ma non so dargli una spiegazione.

La situazione all’esterno è sempre tesa e vedo tra i partecipanti il nostro portiere e un inquilino brasiliano che abita alcuni piani sopra di noi.

Suona il campanello del timer ed estraggo la teglia fumante, la tavola è già imbandita e mi accingo a preparare le porzioni ,a quel punto suona l’allarme, ci guardiamo attorno disorientati e una voce dal citofono ci dice di scendere fuori dall’atrio, non sapendo bene cosa ci sia in corso scendiamo leggermente preoccupati, scendiamo e ci ritroviamo fuori. Arriva l’amico Fritz uno svizzero che lavora dove lavoriamo noi ma per un’altra compagnia, alcuni colleghi, una congrega di indiani, un paio di brasiliani che lavorano per una compagnia petrolifera. Le chiacchiere si perdono nel vuoto nessuno sa niente, esce il giapponese che lavora in ambasciata  con la moglie e si mette in disparte ..carino ..ha un curioso paio di pantaloncini rossi con dei grossi fiori gialli, parla fittamente con la moglie.

Ecco dall’atrio esce anche la signora di colore che lavora per l’ambasciata dello Zimbabwe, ha gli occhi spiritati e pieni di paura.

Gli appartamenti dello stabile sono venti ed alcuni sono vuoti, praticamente tutti gli inquilini sono qui, non riusciamo a capire il motivo di questo allarme. Mi guardo in giro e vedendo tutte le nazionalità rappresentate in questo piccolo microcosmo mi viene alla mente la torre di Babele…

Finalmente l’allarme cessa, in un appartamento era scattato l’allarme antincendio ma fortunatamente non era niente di grave .

Saliamo al nostro appartamento pregustando quello che ci aspetta, una teglia fumante di lasagne, la porta è aperta ,forse nella concitazione l’abbiamo lasciata aperta, lo sguardo corre al bancone …le lasagne sono sparite……caspita ….andiamo a controllare nelle stanze ,non manca niente

Ritorniamo nel salone ,le lasagne sono proprio sparite ,uno scherzo dei nostri colleghi? Saliamo ed elaboriamo una scusa, ”hai mica una cipolla” ci introduciamo, .ma sul tavolo c’è una pastasciutta …niente ….non è uno scherzo……pensiamo all’amico Fritz …stessa scusa ……niente …….Non ci viene in mente altro, con gli altri non abbiamo confidenza, chi sarà stato? Un giallo, un furto di lasagne. Girovaghiamo per lo stabile, ed ad un certo punto nel seminterrato si sente un vago profumo , insolito per quel -2, regno del portinaio e dove lui abita in una stanzetta.

Apriamo di improvviso la porta ….ecco….il portinaio e i suoi tre figli…intorno al tavolo……

Lui si gira e ci porge la nostra teglia, vuota, hanno fatto sparire il corpo del reato e senza quello il reato non esiste. Senza dire una parola saliamo nel nostro appartamento guardando tristemente la teglia vuota. Ci guardiamo in faccia  e mettiamo sui fornelli una pentola d’acqua, ci faremo una bella carbonara  ma se suona l’allarme ce la mangeremo in strada.

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