Sueño

aprile 12, 2012 § 13 commenti


Omaggio a Pablo Neruda

Sono in transito in questa capitale , la mia vita è una sequenza di
transiti, di visioni parziali…mi da la possibilità di cogliere
momenti , particolari….poche volte l’insieme……ma chi coglie
l’insieme delle cose?….ognuno ha la sua visione , legata al proprio
modo di pensare , di vedere …..delle proprie aspirazioni. Sono qui
per caso, in attesa di partire per il sud, per raggiungere un sito
slegato dal contesto che mi porterà ad una realtà solo mia e allora
cosa si può cogliere da questa opportunità? Da questo transito dal
quale voglio prendere qualcosa una esperienza , una sensazione e forse una emozione. Visitare un luogo dove splendide poesie sono nate , hanno preso forma . Respirare l’aria , immergersi nell’aurea che permane nella casa di un grande poeta, con la segreta speranza che qualche bricciola di questa sensibilità entri a far parte di me. Pablo Neruda, le sue poesie sono degli splendidi quadri in versi…una trasmissione …..ti estraniano dall’essere, ti entrano nel cuore , ti calmano i tumulti della mente.

Mi immetto nella Avenida Bernardo O’Higgins che attraversa Santiago del Cile da est a ovest, prima di confluire nell’autopista 68, l’autostrada del mare. Accanto al grigio palazzo della Moneda, le quattro corsie per senso di marcia circoscrivono, come un miraggio, prati alberati e aiuole fiorite, in mezzo ad un nastro di traffico ininterrotto e insuperabile. Il flusso di veicoli sembra soluzione di continuità e  si dirada unicamente dopo l’orario di chiusura degli uffici, per svanire del tutto durante le ore notturne, fino all’alba. Al sorgere del sole il lunghissimo viale si illumina di delicate tinte pastello, mentre i colori aumentano d’intensità inondando con riflessi di fiamma le anonime facciate dei grattacieli del centro rendendoli vivi con queste pennellate date dall’immutato ciclo che si ripete da prima che l’uomo perpetrasse il suo attacco distruttivo alla terra  .

I cittadini di Santiago hanno quasi dimenticato chi era Bernardo
O’Higgins, il Libertador del Cile, adesso è più conosciuta l’Avenida ,
la porta d’accesso al mare, l’inizio delle sospirate ferie estive, la
strada verso i picnic sulla spiaggia. Durante i fine settimana d’estate
i vacanzieri abbandonano la calura metropolitana per concedersi un po’ di relax sulle affollate spiagge di Viña del Mar e di Renaca, di
Cartagena e Isla Negra.

La baia di Valparaiso è un succedersi ininterrotto di costruzioni, un
ammassarsi di vari stili architettonici che si affacciano sul Pacifico.
Un’edilizia selvaggia e sregolata, che ricorda lo scempio consumato
sulle coste italiane durante gli anni sessanta e settanta, ha steso una
coltre di cemento che si arrampica con indomita arroganza fin sui
ripidi pendii di friabile arena rossa. Dal disastro non si salva
neppure il litorale a sud della baia. Ovunque spuntano cantieri che
partoriscono torri di cemento armato dall’architettura stravagante,
enormi condomini nati per la gioia dei nuovi ricchi, a coronamento del
sogno di un’esclusiva dimora balneare, la cui pretenziosità è pari solo
al kitsch. Isla Negra si trova in una località più decentrata rispetto
alle regole di questo desolante conformismo architettonico. Non è il
nome di un’isola, ma quello di una piccola frazione rivierasca, in cui
Pablo Neruda scelse di stabilire la propria residenza estiva. Mezzo
secolo fa il sito doveva essere un luogo isolato, una tranquilla oasi
di pace situata in un tratto deserto di costa. Oggi sorgono numerose
villette, già minacciate dalla silhouette di alti condomini che
spuntano oltre i bassi scogli del  promontorio.

La casa balneare di Pablo Neruda non è una costruzione appariscente. Non si distingue facilmente dalle altre ville che si affacciano sul mare,
tant’è che per trovarla occorre domandarne l’ubicazione. Non ci sono
insegne o cartelli stradali che ne indichino la presenza. I cileni non
ne hanno bisogno, sanno già dov’è. Durante i fine settimana estivi
l’affluenza di coloro che rendono omaggio all’esule, al poeta, al
premio Nobel, rende necessari turni e lunghe code per accedere al
piccolo museo. A ventisette anni dalla scomparsa, la memoria di Pablo
Neruda resta vivissima tra i compatrioti. L’abitazione è un luogo
sereno, custode della memoria, pervaso della nostalgia del ricordo, è
quanto di più tangibile resta della vita di un uomo, il resto essendo
solo sogni e parole e perciò evanescenti tende a
volatilizzarsi…fissato solo da parole su un foglio. Un luogo
saldamente ancorato alla terra ma permeato dal brusio del mare.

Un basso steccato difende il giardino più dall’assalto dei visitatori che
da quello dei teppisti. All’interno, una vecchia locomotiva a vapore fa
bella mostra di sé davanti al patio. La motrice di metallo, verniciata
a tinte accese, è di piccole dimensioni, simile al toy train che ancor
oggi si arrampica da Siliguri a Darjeeling lungo la ripida ferrovia a
scartamento ridotto. Sul retro della casa crescono enormi agavi, sotto
le cui alte infiorescenze giace un’enorme ancora rosa dalla ruggine e
dipinta di nero. Proveniva da un veliero in disarmo, giunto nel porto
di Callao, a Lima, per il suo ultimo viaggio. Una targa spiega le
vicissitudini occorse al notevole cimelio prima di arrivare a Isla
Negra, l’estremo approdo. Perché un’ancora? Forse perché la casa stessa ricorda la tolda di una nave alla fonda, con la prua rivolta verso
l’oceano e le radici ben piantate sulle rocce della riva. E’ una dimora
lunga e stretta, ad un piano, che si affaccia sull’oceano da una bassa
scogliera, idealmente unita alle acque dalle ampie vetrate. L’interno è
organizzato in modo lineare. Questo insolito modo di collegare gli
spazi nasce dall’innata propensione delle persone per i percorsi
diretti. Neruda aveva progettato la sua dimora con questa
consapevolezza in modo intuitivo, come si fa quando impieghiamo le
regole grammaticali. L’interno è suddiviso in compartimenti a cui si
accede in un’unica direzione, da una stanza all’altra. Non ci sono
saloni, tutto è piccolo, raccolto, intimo. Dopo la morte del poeta la
casa è stata adibita a museo, una raccolta di schegge, di frammenti
raccolti nel corso di un’intera esistenza, cimeli che narrano una
geografia inquieta, un gusto per il collezionismo di manufatti
inusuali, fuori dall’ordinario, indice e riflesso di una grande anima.
La casa è costruita con materiali semplici, legno e pietra, separati da
grandi finestre rettangolari che si affacciano sul Pacifico. L’acustica
della camera da letto, unica stanza della casa situata al primo piano,
assieme alla biblioteca, è studiata per lasciarsi cullare dal mormorio
della risacca delle onde oceaniche che s’infrangono contro le rocce più
in basso. Lo studio amplifica il tamburellare di gocce di pioggia che
il tetto della casa ascolta cadere nella notte. E’ un luogo armonico,
ricco del fascino della semplicità. Sopra i tavoli poggiano splendide
vetrerie, piatti, calici, bizzarri orci celesti e smeraldo, velieri in
bottiglia di ogni forma e dimensione.  Le pareti del corridoio che porta allo studio sono tappezzate  da
stampe antiche, da carte geografiche di Mercatore, tra paramenti sioux, maschere africane, sculture dell’Isola di Pasqua. Oltre ad una quantità di doni esotici fatti dagli amici sparsi per il mondo. Un’enorme cannocchiale newtoniano, un autentico mappamondo del ’700, che troneggia accanto al camino rivestito di lapislazzuli, dono di un’amica artista, il bagno erotico con le pareti rivestite da miniature
licenziose. Una sterminata collezione di conchiglie provenienti da  tutti i mari tra cui spicca un’enorme tridacna del Pacifico, simile ad
un’acquasantiera, accanto ad un dente di narvalo lungo tre metri. Nello studio, tra un patrimonio di migliaia di volumi donati all’università di Santiago, spiccano le fotografie incorniciate di Boudelaire, Majakovsky e Garcia Lorca. Nel soggiorno volteggiano sospese al soffitto o appese alle pareti numerose polene di navi, di cui una appartenuta alla nave di Francis Drake, il famoso corsaro. Le altre, ci spiegano, assomigliano alle fattezze dalle numerose amanti del poeta, certamente un modo originale di omaggiare la donna amata. Neruda amava le donne, artiste, attrici, intellettuali. Né poteva essere diversamente, considerando che l’amore era la principale musa ispiratrice della sua poesia. Noi non facciamo altro che cambiare schiavitù, collezionare oggetti diventa l’estremo legame con la donna amata non più presente.

Mia dolce di che profumi,

di quale frutto,

di quale stella, di quale foglia?

Vicino alla tua piccola orecchia

o sulla tua fronte mi chino

inchiodo il naso tra i capelli

e il sorriso

cercando, conoscendo

l’origine del tuo aroma:

è dolce, ma non è fiore, non è

il garofano penetrante

o impetuoso aroma di violenti gelsomini,

è qualcosa, è terra,

è aria,

legna o miele,

odore

della luce sulla pelle,

aroma della foglia

dell’albero della vita

con polvere di strada

e freschezza

di ombra mattutina

nelle radici,

odore di pietra e fiume,

ma più simile

a una pesca,

al tiepido pulsare segreto

del sangue,

odore di casa pulita

e di cascata,

fragranza di colomba

e chioma

aroma

della mia mano

che ha percorso la luna

del tuo corpo,

le stelle

della tua pelle stellata,

l’oro

il grano,

il pane del tuo contatto,

e lì nella longitudine

della tua luce folle,

nella tua circonferenza di giara,

nella coppa

negli occhi dei tuoi seni,

tra le tue grandi palpebre

e la tua bocca di schiuma,

in tutto lasciò

lasciò la mia mano

odore d’inchiostro e selva,

sangue e frutti perduti,

fragranza

di pianeti dimenticati,

di pure

carte vegetali

il mio stesso corpo

immerso

nella freschezza del tuo amore, amata,

come in una sorgente

o nel suono di un campanile

lassù

tra l’odore del cielo

e il volo

degli ultimi uccelli

amore,

odore,

parola

della tua pelle, della lingua

della notte nella tua notte,

del giorno nel tuo sguardo.

Dal tuo cuore  sale

il tuo aroma

come dalla terra

la luce fino alla cima del ciliegio:

nella tua pelle io trattengo  il tuo battito

e aspiro

l’onda di luce che sale,

la frutta immersa

nella sua fragranza,

la notte che respiri,

il sangue che percorre

la tua bellezza

fino ad arrivare al bacio

che mi aspetta

sulla tua bocca.

Pablo Neruda

Dopo questa splendida poesia voglio mostrarvi un’ultima immagine, tenuta in serbo per la fine. Una lapide di marmo nero, posta nel giardino di fronte all’oceano, dove abili mani hanno inciso in morbidi caratteri corsivi, i nomi di Matilde Urrutia e Pablo Neruda. Per il poeta l’amore  non finisce con le singole scomparse, perché la sua sostanza continua nel mondo, rappresentata come un lungo fiume, immutabile ed eterno che deborda dalle rive a seconda della passione. Tra le miriadi di cose che sono e sono state, queste due persone sono state, e sono, residui minerali sospinti dal fiume dell’Amore su una spiaggia solitaria dell’Oceano dove le onde le rimpastano in frammenti.

La mente si libra sulle ali della poesia e scende in picchiata a sfiorare
le onde dell’oceano lambendone la schiuma aspirandone il profumo e
ritorna in questo splendido giardino e nel silenzio si ode…un
frullare di anime.  

“y desde entonces soy porque tú eres,

y desde entonces eres, soy y somos,

y por amor seré, seras, seremos.”

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