Sahara 2
giugno 25, 2012 § 3 commenti
Tutto questo tran tran mi venne sconvolto dalla comunicazione che dovevo andare ad Hassi Messaoud che è a 1200km all’interno del Sahara e da solo con partenza immediata.
Qui mi aspettava una sorpresa perché mentre ero in viaggio sono stato colto da una tempesta di sabbia e dopo aver constatato che non riuscivo ad andare più avanti senza correre il rischio di perdermi o di rimanere bloccato ,ho chiesto asilo in una base della SAIPEM che è una ditta italiana specializzata in ricerche petrolifere che mi hanno accolto volentieri anche perché anche loro non potevano lavorare e sono rimasto bloccato lì per tre giorni senza poter comunicare perché ogni collegamento era impossibile ma lì è normale …succedesse una cosa così in Italia sarebbe inconcepibile ma lì il tempo è una entità astratta. Quando la tempesta è cessata e la transahariana era coperta di sabbia ho scoperto cosa servivano dei lunghi pali verniciati di bianco piazzati ad intervalli lungo i lati della strada ….per segnare la pista come facciamo noi con i pali rossi dove c’è tanta neve,percorsi gli ultimi 200km che mi separavano dalla mia destinazione arrivai finalmente in questa sequela di dune di sabbia molto fine senza soluzione di continuità.
Questo posto si trova vicino ad una depressione desertica -186 mt sotto il livello del mare e l’acqua affiora e dove non c’era acqua c’era gas e parecchie compagnie erano piazzate nella zona per sfruttare i vari giacimenti e io ho avuto qualche difficoltà a trovare la base nella quale ero destinato. Qui sono stato accolto da un capo base un po’ troppo espansivo per i miei gusti e sospettavo che avrei avuto qualche sorpresa .Dopo essermi rinfrescato mi sono presentato nell’ufficio del capo base ,un ingegnere di mezza età che aveva passato parecchi anni nell’area il quale dopo i soliti convenevoli mi comunicò che dovevo lavorare con personale giapponese e la cosa mi sembrava strana perché di solito i giapponesi non vogliono specialisti occidentali ed io non amo la mentalità Giap.
La mattina ebbi la sorpresa che aspettavo ,il personale Giap erano dei detenuti che scontavano la pena lavorando e dato che il contratto era di una ditta Giap loro usavano questo sistema.
Il problema è che questi uomini devono lavorare legati a gruppi di 4 e una guardia armata li controlla ,io avevo due gruppi e le difficoltà di movimento erano ovvie.
La cosa non mi andava assolutamente ma avevo poco da fare se non finire rapidamente per cambiare la mia situazione.
Tra questi uomini che non si guardavano neanche in faccia ce ne era uno che nei momenti di riposo aveva sempre gli occhi lucidi e qualche volta gli usciva una lacrima e notavo che gli uomini di guardia non lo sgridavano quasi mai anzi a volte lo aiutavano.
Essendo a contatto tutto il giorno, ho preso qualche informazione e poi mi sono rivolto a lui direttamente e tra mille difficoltà sono riuscito a farmi raccontare la sua storia;
Lui era un saldatore di professione e lavorava in una ditta nei pressi di Tokio ,aveva una famiglia normale composta da moglie e due figli ,una ragazzetta e un maschio, la sua vita correva sul binario della normalità poi un giorno la sua vita è stata sconvolta da un drogato che ha violentato la sua figlioletta nel giardino di casa e lui gli ha spezzato l’osso del collo ed è stato condannato a 8 anni di prigione di cui due li aveva trascorsi in carcere e poi aveva scelto di fare questo lavoro che gli permetteva di guadagnare qualche spicciolo per la famiglia . Il pensiero della famiglia lontana lo costernava e lo lasciava in uno stato di depressione costante . Io a quel punto ho capito il comportamento delle guardie e dei suoi compagni perché rispecchia il mio modo di pensare ,nel mondo civile non si può permettere che ognuno si faccia giustizia da solo ma in caso del genere lui aveva tutta la mia solidarietà e comprensione e mi lasciava una certa avversione verso la rigidità della legge .
Il lavoro volgeva al termine ed io ho allungato il mio turno per poter finire il lavoro senza dover ritornare nel Sahara visto che avevo già un altro contratto quando ho salutato quell’uomo del quale non conoscevo il nome ho visto una tristezza sconfinata che mi ha contagiato e per qualche giorno non mi ha lasciato anche se mitigata dal ritorno a casa e dall’entusiasmo o ansia che dir si voglia per il nuovo contratto. Chissà che fine ha fatto quell’uomo.
Oggi è così e questa storia che purtroppo è vera rispecchia il mio stato d’animo ma ora che ho finito di scriverla mi sembra di cambiare direzione e considerando che sicuramente c’è chi sta peggio di me ,mi sento un fortunato
I pensieri sono volati come tortore nel cielo, le nubi si sono aperte e un raggio di sole mi raggiunge e i cattivi pensieri si sciolgono come neve
…da molto tempo desidero andare a visitare il deserto libico, mi hanno detto che è stupefacente. Immagino quelle dune rossastre al tramonto, immagino il silenzio, immagino la notte stellata e la magia di quei luoghi. Il tuo racconto risveglia questo desiderio anche se, per il momento, forse non è prudente visitare questi posti!
E’ una storia triste questa e a volte osservare delle situazioni così amare ci fa riflettere sulla nostra condizione di vita, ci lamentiamo continuamente delle cose che ci accadono, ci sembra tutto così inappagante e inutile, però hai ragione, riflettendo sui ricordi possiamo riconsiderare i pensieri negativi e tutto appare diverso, magari migliore…
si stende una patina che da una colorazione particolare ai ricordi , diventano malinconia pura e ci dimentichiamo dei dolori provati e ci cibiamo dell’essenza del ricordo stesso
Spesso è la tortura del ricordo… ma una buona medicina è davvero volgersi all’essenza del ricordo stesso. Complimenti.
Stefano