Due giorni a Natale

marzo 21, 2017 § 7 commenti

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“Tutto, capisci? Lei si ricorda TUTTO”. Il tizio era seduto davanti a me, sullo sgabello americano – l’occhio un po’ troppo spalancato sul terzo whisky. Ho il bar davanti al mare da venti anni, e certi tipi li riconosco da lontano: o.k., girano, girano come trottole, ma poi arrivano sempre li’: a parlarti del loro primo amore, e del dannato primo bacio, e di tutti gli eccetera del caso.

Ho il bar davanti al mare da venti anni. Che noia. Dicono che le donne parlino d’amore così volentieri fra loro – e già le sento, a raccontarsi, nelle toilette delle signore, dal parrucchiere, e chissadove, e trucchi, fruscii, cose di donne… gli uomini no. Gli uomini parlano solo con noi baristi. E raccontano. Ma questo tizio cosa mi stava raccontando?                                                          

“Lei non ha dimenticato nulla…certe canzoni – sa esattamente tutte le parole! O…come andarono certe nostre domeniche…e quel certo vestito, quel preciso gesto! Sono passati più’ di trent’anni. Io…io ero un sedicenne spocchioso e disattento, e quanto lo fui con lei! Forse per questo ha deciso di vendicarsi a colpi di memoria…e cosi’ mi telefona , mi scrive, mi lascia biglietti sulla porta di casa, e mi racconta come eravamo. Esattamente. Come in un film. Tutti i dettagli al loro posto. Inesorabile. Oh, un poco alla volta, lentamente, come a dosare un veleno sottile…e io ogni volta sento quella fitta al cuore, per noi, per il tempo…Lo so che cosa vuoi dirmi: perché’ non le dico di smetterla, perché’ non cambio telefono, casa, vita. Semplicemente non posso. Non posso farne a meno. Mi sveglio ogni mattina, e tutto e’ cosi’ grigio. Ma so che di li’ a poco lei mi descriverà quella nebbiolina che si alzo’ improvvisamente alle 17,30 del 30 Marzo del ’74, e il bacio leggero che sfioro’ le nostre labbra…E tutto si colora! Di nebbia, di ricordi… E una vertigine mi stringe lo stomaco…”

“Nessun problema, amico. Niente che non si possa cancellare con un’Alka-Seltzer. Anche se quello fosse stato il Grande Amore Della Tua Vita. L’Eldorado Del Batticuore. La Bibbia Del Cheek To Cheek. Non hai più sedici anni, Johnny. La vita va avanti. Ho il bar da vent’anni, e devo pur dire qualcosa ai clienti: ”Forse lei è stata il grande amore della tua vita, o forse no, ma che importa? Hai incontrato altre donne, giocate centinaia di partite, viste migliaia di albe…”

“No, non capisci, non sono semplici ricordi… sono pezzi di vita… le parole hanno quel gusto, e palpitano, solo per noi due, nel mondo, nell’anima…e nessuno, mai, nessuno, nessuno…”

L’occhio del tizio sparava lampi allucinati, la mano tremava sul bicchiere. Parlava, parlava. Sempre più concitato: ”Perché’ io posso dirti: – woodstock belforte alias – e per te sono parole senza senso!”

Ora stava gridando: ”Oppure senti questa:-TANDEM LENNY CILLO – NON CAPISCI, VERO? e se poi ti dicessi –  SOLARIS ALTOMARE – EH? CHE DIRESTI? EH?”

 “Che in altomare c’è di sicuro il tuo cervello, amico! Che mi stai raccontando? E’ normale che sia cosi’, sono ricordi VOSTRI !

 Certi imbecilli dopo il secondo whisky ridiventano bambini, e allora vai a fargli capire che e’ arrivato il momento del conto! Accasciato sullo sgabello il pazzo digrignava suoni senza senso, in un singhiozzo febbricitante: ”Cava! cava, Santanna! VentiVentisei, venti, portobello…AH! Marcord, marcord…”.

 Dovevo prendere in mano la situazione.

“Senti, bello. Io ora vado a pulire il bagno. Intanto ti ho fatto il conto – sono tre whisky, giusto? – tu paga, e quando torno non ti voglio più qui. Nel mio locale non ho bisogno di un nonno dei fiori in overdose da madeleine. Fuori c’è il mare. Vai a cercare la tua pusher di ricordi. La posta del cuore chiude. Basta.”
Entrai nel bagno, sentivo schegge di elettricità sulla punta delle dita. Respirai profondamente, mi accesi lentamente una paglia. Diamine, non ne potevo più del tizio. Ma che si credeva, di essere l’unico al mondo ad aver avuto un primo amore? Alla sua età bisognerebbe essere un po’ più posati, dico io. E curare il prato del giardino. Il bagno di un bar davanti al mare ha sempre una piccola finestra, nella quale ci sono delle piccole imposte che hanno delle piccole fessure. E tu puoi avvicinare l’occhio a una piccola fessura. E vedere l’infinito. Ma vicino all’infinito quel giorno c’era qualcosa: una scritta. Una calligrafia un po’ incerta aveva tracciato delle parole con il lapis, una specie di filastrocca, o cosi’ sembrava:

                                       Adios muchacha

                                       grazie per la tua piccola malinconia

                                       e per la pioggia

                                       per tutti i cinema

                                       per il telefono

                                       e per l’allegria            

                                       e per le scale tristi di musica

                                       e per la dolce periferia       

                                       ( e grazie ancora )

                                       per le canzoni   

                                       e per il mare

                                       per gli abbandoni

                                       e il ricordare

                                       e per il freddo

                                       il treno

                                       il cuore

                                       per la tua voce e per le tue mani

                                       e per quel sogno, e per quel rumore

                                       nel sottofondo di ciò che fu il domani…

                                       il grande mondo e noi

                                       lontani

                                       fra noi il mare ma…

                                       una stella luminosa nel buio della notte

                                       – rondini in volo di fantasia!

                                       Adios muchacha

                                       Grazie di tutto il niente

                                       E per quel tutto

                                       Che vola via

Tornai in sala: Il denaro era sul bancone, del tizio neanche l’ombra. ”Maledetto romantico” pensai – “ora mi toccherà anche di pulire il muro del bagno”, e sentii salire un brivido di freddo.
Il mare era sempre più scuro, e mancavano solo due giorni a Natale.

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Genova

Maggio 10, 2012 § 39 commenti

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Genova

 Aiuole fiorite

trapuntano

un mare di  ardesia grigia

elevandosi su vicoli

luveghi

Recanti oscuri

nascondono anime

perdute

sprazzi di cielo

angoli di vestigia

antiche

voci saracene

in lotta per la vita.

Lei

sempre superba

riservata

prostituita alla padaniama

non violentata

nello spirito

ancorata dal

maniman

ad aspettare lo scorrere dei secoli

per riprendersi

la sua anima.

Mare senza pesci

Maggio 3, 2012 § 35 commenti

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Seduto in un giardino rubato
ti guardo come rapito
mentre ti avvicini con passo di donna:
hai gambe lunghe e commoventi
e la tristezza di un sorriso.
Sei come la luce,
e io come Genova,
e ai tuoi occhi affamati
non ho altro da offrire
che le mie reti vuote
perché il mio mare, lo sai,
è un mare senza pesci.

Gigli recisi

aprile 23, 2012 § 15 commenti

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I gigli nati sull’asfalto

non diventano orchidee

ma appassiscono per non morire

tra mani sporche e senza grazia.

Questo è il canto notturno

della circonvallazione a mare

e del reticolo ombroso di viali e di strade

dove crescono creature acerbe

dalla pelle liscia e scura,

che rende più selvaggio il dolore

e nasconde lividi e ferite.

Genova non nasconde

questa lunga fila di vite spezzate

le coccola e le ripara dal vento

nei suoi vicoli scuri

Genova le accoglie come accoglie il mare

Come un fato ineluttabile

loro aspettano di scaldarsi

sdraiate sui sedili posteriori,

a posare un bacio sull’ignoranza

e sulla violenza di non sapere amare,

e farlo per poche lire,

per rivedere il sole,

la terra che hanno lasciato

o almeno il passaporto,

per confrontare una vita stuprata

su una vecchia foto.

Vicolo

aprile 8, 2012 § 32 commenti

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D’un tratto sei una strada,
stretta e piena d’ombra come le strade di Genova.
E anche se so dove porta,
anche se so che fa male arrivare in fondo
e scoprire il colore del cielo,
io vi poso i miei passi,
lentamente,
trattenendo a stento
il bisogno di amare
e la fretta di soffrire.

Ricordi Profumati

aprile 4, 2012 § 30 commenti

A volte nella mente passano pensieri bislacchi ma non per questo meno belli.

Mi piacerebbe avere sui ripiani della mia libreria una “odoroteca” …una serie di barattoli con dentro gli odori che hanno segnato certe tappe della mia vita, ogni tanto aprirli e sentire gli odori e sprofondare nei ricordi.

 

Nelle medie inferiori c’era una ragazzina per me bellissima , già una signorinetta,  mentre io ero un ragazzino imbranato con i capelli a spazzola. Quando uscivamo da scuola lei seguiva per un tratto la mia strada , passava sotto casa mia e poi proseguiva.

Io avevo preso l’abitudine di seguirla con gli occhi mentre camminava sola, eretta e computa mentre noi in gruppo ci spingevamo e facevamo cagnara. Nel periodo di carnevale , i maschietti per mostrare la loro virilità si procuravano dei flaconi di BOROTALCO e in gruppo assalivano le ragazzine imbiancandole. Un mezzogiorno la vidi circondata da quattro ragazzi più grandi e preso da un strano impeto mi buttai nella mischia apostrofandoli come vigliacchi, con il risultato di trovarmi imbiancato come un pesciolino prima di essere fritto. I ragazzi fuggirono e io rimasi lì con la mia rabbia repressa, lei con un sorriso mi si avvicinò ,alzò una mano e mi pulì il viso, mi spazzolò i capelli e mi disse “ Grazie …..ciao” . Mi rimase l’odore del borotalco associato al suo sorriso e ai suoi gesti. Fino alla fine dell’anno scolastico, facevamo la strada fino a casa mia assieme , ci salutavamo e lei proseguiva.

Il primo anno delle superiori, sconvolse la mia vita. Si andava a scuola in treno , eravamo indipendenti, ci sentivamo grandi e ci si immaginava chissà quali avventure ma la vita scorreva tra nuovi amici e piccole trasgressioni. Un giorno notai una ragazza che saliva sul treno un paio di stazioni dopo la mia e scendeva alla stazione dopo visto che proseguiva ma per il convoglio la corsa terminava. Mi sorrideva con una faccia come se dicesse “Si sorrido a te ….proprio a te” ed io imbarazzato rispondevo al sorriso ma non riuscivo a spiccicare una parola. Per alcuni giorni facemmo il percorso appoggiati al finestrino  sempre più vicini tanto sentivo il calore del suo corpo e percepivo un odore di mughetto. La sera pensavo a lei e nella mia stanza mi sembrava di sentire il suo odore. Una splendida mattina di primavera finalmente riuscii a parlarle e saltai la mia stazione , volevo starle vicino , accompagnarla a scuola . Lei rimase un attimo sorpresa ma una espressione di compiacimento si diffuse sul suo volto. Mentre camminavamo arrivammo nei pressi dell’ascensore che sale sulla spianata di Castelletto e come attirati da una forza misteriosa ci trovammo nella cabina per percorrere il breve tratto che ci avrebbe portato su. Il cielo era terso , la temperatura piacevole, gli alberi in fiore, la città era stesa ai nostri piedi ,. Il sole giocava sul mare mandando riverberi che rimbalzavano sui tetti di ardesia. L’occhio si perdeva a cercare i terrazzi fioriti che trapuntavano la distesa come magiche oasi. Tutti e due eravamo appoggiati alla ringhiera ammirati e stupefatti da tanta bellezza , dai vicoli saliva un odore , un afrore di tutta l’umanità …l’odore della città.

I nostri corpi si sfiorarono , le nostre mani si toccarono lievemente, quasi come un bacio. Inebriati , mano nella mano camminammo senza meta per poi perdersi.

 

Alcuni anni dopo , una bella notte di primavera senza luna , in compagnia di una splendida ragazza mi arrampicai sui tornanti che portano su una magnifica terrazza naturale sul mare , sulle alture di Pegli , località “La Vetta”. Sono ancora presenti le casematte che contenevano i cannoni usati nella seconda guerra oramai ridotte a ruderi, qui sdraiati sopra una riva in pendenza potevamo ammirare le stelle che approfittando della mancanza della luna si specchiavano vanitose nel mare leggermente increspato , tra un bacio e l’altro progettavamo il nostro futuro quando ad un tratto vicino a noi uno spettacolo di quelli che valgono una vita , uno sciame di lucciole attirate dall’odore di un boschetto di pitosfori si misero a volteggiare addobbandoli come alberi di Natale . Le lucciole si accendevano e si spegnevano e volavano da un ramo all’altro creando effetti fantastici che ti sciolgono il cuore. A me piace l’odore del pitosforo ma mi piaceva di più l’odore della ragazza.

Ecco , nella mia “odoroteca “ con i vasetti ben sigillati terrei questi odori. Borotalco, Mughetto, l’odore di Genova, Pitosforo ma soprattutto l’odore di mia moglie a 20 anni.

L’essenza della vita e del male

aprile 2, 2012 § 18 commenti

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Vado avanti di riflesso,
seguendo la scia del dolore
e tocco il fondo di un giorno indegno
mentre fingiamo di non vederci
in coda al supermercato,
tu, con le tue borse piene
e io qui, con le mie povere cose
e il denaro contato.
Resto solo con il mio veleno
e cammino piano, senza fretta
per le strade di Genova.
Scorgo un dolore sempre uguale,
l’indifferenza che disegna i volti
e la solitudine che martoria i corpi,
come un tumore antico e mai sanato,
un tumore tenuto in vita,
un equilibrio crudele,
una genesi, una nemesi,
l’essenza stessa della vita e del male.

Vivere e morire a Genova

marzo 26, 2012 § 23 commenti

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Vivere e morire a Genova
nell’ombra dei tuoi passi
ad ogni passo più lontani
finché di te rimane una sagoma scura,
una scia di profumo,
un niente:
le mani sul volto
sono il mio pianto senza lacrime,
sono il mio grido senza voce.
E questi miei abiti,
che sanno di fumo e di polvere,
non nascondono il peccato,
non cancellano l’errore
né concedono il perdono.
Ho sbagliato
e pago il fio della colpa
in ogni giorno che muore:
la bestemmia mi lascia peccatore
ed il peccato mi fa uomo
ma tu, ormai, sei andata
ed io cammino solo.
Così, la mia vita continua
sul tuo sorriso che muore
nel mio sorriso negato.
Ci saranno strade strette
a guidarmi sui monti di Genova,
ripidi sentieri incatramati
che scalano la miseria della roccia
e feriscono la terra secca, esangue.
Mi porteranno in alto abbastanza
per vedere le luci della città:
la notte, il cielo sopra Genova
è uno schermo giallo e nero
con sopra i volti stanchi
del porto e delle strade.
Ma è un cielo senza stelle,
una coperta rammendata
senza più calore
per avvolgere i corpi nudi
delle sue puttane.
Il cielo sopra Genova
vede ogni notte la stessa terra
e ogni notte la nasconde
per conoscerne il dolore:
si sente il grido, il passo,
la carezza del denaro che asciuga il pianto,
si sentono ovunque
urlare le sirene e fuggire le puttane
in un confuso tramestio di tacchi.
È il cielo dei perdenti,
dei conti che non tornano
e delle riflessioni amare,
dei pensieri scuri
e di una vita a mani vuote,
sempre.

Tetti

marzo 25, 2012 § 14 commenti

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Le  strade  che  portano  al  mare
sono  piene  di  vento  e  di  gabbiani
e  dormono  da  sempre
sotto  un  velo  di  salsedine,
e  i  miei  passi,
che  non  sanno  dove  andare,
lasciano  orme  scure  e  fragili
e  incrociano  i passi  dei  vecchi
che  hanno  visto  Genova
il  giorno  in  cui  sono  nati.

L’ultima luce

marzo 13, 2012 § 16 commenti


I passi si inseguono posandosi
su ciappe consunte mentre la mente
vaga lontana cercando di mettere
a fuoco la tua immagine.
Non conosco i tuoi pensieri
e, quasi, non ricordo il tuo viso.
I tuoi occhi non riflettono
la luce opaca di Genova:
sembrano vedere il mare
per i suoi colori
mentre i miei, da sempre,
vedono il volo triste dei gabbiani
e le navi allontanarsi,
in una scia di fumo.

Come intorpidito
esco dal ventre lurido
della città di notte.
L’odore della metropoli
mi rimane dentro,
s’aggrappa ai ricordi
e mi ferisce al cuore.
Credevo di trovare
la luce tenue del mattino,
o la foschia dell’alba.
Invece, ancora nel buio,
scorrono le vestigia di questa Genova
che mi avvolge come un grembo materno.

Penso a quando ti rivedrò, cerco la luce, il mare.
Starò peggio, sarà ansia e dolore.
Sarà una gogna, e quasi ne sorrido,
perché ho bisogno d’ironia
se la felicità è un lusso
che non mi è concesso avere.

Sederemo vicini su quella scogliera
che argina il mare.
Ma non ti dirò il mio passato
né svelerò il mio segreto,
guarderemo lontano anche quello
che possiamo solo immaginare,
perché da qui possiamo vedere
la morte del sole e sentirne il freddo strisciante,
e da qui, stringendo gli occhi contro l’ultima luce,
posso guardare il tuo viso,
imprimerlo nella mia mente
perché sia reale e non si perda
fugace nell’oblio di un soffio caldo
di lenzuola cincischiate.

 

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