Come il vento
dicembre 27, 2018 § 2 commenti
Il vento ha cambiato direzione, soffia deciso e
non è più tempo di lasciare parole in giro, mentre taci…
e quando taci muovi la testa senza troppi giri di giostra,
come un ritornello che è destino,
ed inizia e poi finisce come nelle favole, come nei film,
come la vita quando disconosce e partorisce
senza troppo rimestarci dentro…
come la grandine che picchia su un tetto di lamiera con toni da burrasca che ti rintrona la mente..che non ti fa pensare a niente
che non sia “quando la smette?”
come pioggia che fa risorgere il nulla che cerca inutilmente riparo
e bagna in ogni dove, senza riguardo, senza traguardo
perché stasera mi manca proprio un giro feroce d’aria
per cambiare il senso di quel guardarti senza consenso…
di un non senso che sembra ti prenda in giro….
un giro pieno di parole che sottende al prossimo io,
ed al tempo… a quella coltre di umorali sensazioni che ti fanno vera,
vita inconfutabile, coperchio inidoneo di un troppopieno
che non contiene e poi tracima, immancabile, irrefrenabile …
sino alla prossima tu!
Baku- Azerbaijan
Maggio 15, 2017 § 7 commenti
Stare lontano da casa incomincia a pesarmi, forse perché ho incominciato la ricostruzione del tessuto umano che mi circonda ed i miei interessi culturali e ricreativi. Ho passato un paio di mesi nel caldo dell’Oman e ho già rifiutato un paio di contratti . Devo abituarmi a stare a casa e il mio orto mi aiuta ,devo dissodarlo , il terreno è ancora freddo ma la motozappa macina tranquilla.
La mia mente si rilassa e la musica nelle cuffie copre il rumore del motore , penso al lavoro successivo, dovrei potare la vigna. Interrompo per fumarmi una sigaretta e il telefonino lampeggia “chiamata persa” .Controllo , è il numero di una delle compagnie per le quali lavoro, sarà un nuovo contratto che non ho voglia di accettare , richiameranno.
In quel momento ronza nuovamente , eccoli, la voce della segretaria mi comunica che L’Ing.Lup.Mann.Cav. di GranCroce deve parlarmi.
“ho un lavoro per Lei “
”Forse avete bisogno di me ? attualmente sono impegnato” (devo potare la vigna)
“Ci sarebbe un lavoro di pochi giorni che richiede una figura professionale come la sua”
“Quando e dove?”
“Tra un paio di settimane e per un paio di settimane”
“Dove?”
“A Baku Azerbaijan”
Segue una serie di particolari sul tipo di lavoro ,piattaforma petrolifera, la cosa non mi entusiasma , conosco la sensazione di solitudine di quel tipo di locazione ma Baku mi attrae ci sono già stato qualche anno fa, il tempo di permanenza è corto e il lavoro interessante , accetto.
Volo diretto Genova _ Instambul pernottamento e altra tratta Instambul- Baku
L’aeroporto di Instambul è coperto di neve per andare in Hotel è un problema perché i taxi sono rari ,riesco a prenderne uno e senza grossi problemi mi porta a destinazione, volevo approfittare di questa sosta per fare un giro in questa capitale ma la sorte non mi è stata amica , la neve continua a cadere copiosa ed è meglio non avventurarsi per la strade anzi sono preoccupato per la mattina quando dovrei ripartire. La mattina il pulmino dell’Hotel mi porta in aeroporto dove arriviamo in ritardo a causa di slittamenti vari e una velocità ridottissima.
Il volo è in ritardo , ci fanno salire ma sulle ali c’è una crosta di ghiaccio, quando siamo pronti l’aereo lentamente si sposta verso un hangar dove esce un macchinario che soffia sulle ali eliminando il ghiaccio e il tutto dura circa una ora. Una novità ,dopo tanti anni di voli nei paesi più strani è la prima volta che assisto ad un simile trattamento. Finalmente in volo ed arrivo a Baku.
La città è stranamente pulita e la temperatura accettabile , chissà mi aspettavo di trovare neve invece c’è solo un vento molto forte. Mi portano in un bel Hotel vicino al lungomare e mi dicono che mi verranno a prendere il mattino dopo alle ore 06,00, benissimo ho il pomeriggio e la sera a disposizione.
Quando ero stato a Baku ,anni fa, era stato un viaggio in automobile da Rasht in Iran seguendo la costa del mar Caspio fino a Baku circa 500 km ma della città avevo visto poco e mi era rimasta la curiosità.
Un modo veloce per vedere i punti salienti di una città è accordarsi con un tassista e farsi portare in giro e così faccio anche questa volta avendo unicamente un punto fermo ,voglio vedere il tempio degli adoratori del fuoco. So che a Baku c’è un centro della religione Zoroastriana e avendo visitato un altro di questi punti di riferimento in Iran nella città di Yazd voglio vedere anche questo. La mia guida mi mostra le moschee e le costruzioni della città vecchia e mi porta a visitare un vecchio caravanserraglio molto ben tenuto e sentendolo parlare scopro che sta parlando in Farsi . Il mio è un po’ arrugginito ma riesco a capire la conversazione e quando parlano di me intervengo impedendogli di sparlare e tra il loro stupore salgo i ripidi scalini della torre del vento che correda l’edificio e salgo ad ammirare la città dall’alto.
Quando scendo il custode mi vuole restituire parte del prezzo che mi aveva chiesto per visitare la costruzione ma sono spiccioli e non voglio niente .
Il tassista è quasi offeso per il fatto che non gli ho detto che parlavo Farsi
E vuole ricontrattare quello che abbiamo pattuito per quelle ore ma a me va bene così. Ci lanciamo sui viali del lungomare , potrebbe essere una Rimini del Mar Caspio ma il turismo latita comunque si nota che la popolazione ha un certo benessere dovuto allo sfruttamento delle risorse naturali. Mentre ci dirigiamo verso l’Ateshgan sfioriamo un brutto quartiere che mostra evidenti i segni della dominazione russa e il mio driver mi dice che il sindaco sta pensando di raderlo al suolo e di ricostruire un quartiere più adatto alle mutate condizioni…chissà cosa intendeva.
La corsa del taxi termina oltre la stazione ferroviaria di Suraxani, dalla quale attraversati i binari si raggiunge il Tempio del Fuoco (Ateshgah). Le sue origini sono antichissime, legate a culti zoroastriani, anche se la costruzione attuale è opera di religiosi indù. Al centro del cortile brucia la fiamma eterna, sotto un padiglione quadrangolare di pietra. Una giovane guida si avvicina subito e ne approfitta per scambiare quattro chiacchiere in inglese e per illustrarmi la storia del tempio. La sorgente naturale si è esaurita: oggi il gas arriva dalle tubature, ma non si nota! Nelle celle attorno al cortile alcuni manichini illustrano la vita degli asceti che si sottoponevano a forme estreme di mortificazione, come sdraiarsi sui carboni ardenti o trascinare pesanti catene. Altre celle espongono immagini del passato, quando le fiamme bruciavano anche dai quattro “camini” agli angoli del padiglione centrale. Sono citati i racconti di viaggiatori che visitarono il tempio, divenuto un luogo di sosta lungo la via dei commerci: il tedesco Kempher nel 1683 trovò ancora gli asceti indù in preghiera davanti al fuoco. Terminata la visita, mi parla dell’Azerbaijan, toccando due temi per lui “caldi”: i quindici milioni di azeri che vivono nell’Iran settentrionale (più che in Azerbaijan!) e il dramma del Nagorno Karabakh. Il suo amico sul cellulare ha una cartina con il Grande Azerbaijan che include entrambe le regioni. Io so poco di questo dramma e cerco di farmelo spiegare e mi raccontano di una lunga guerra tra l’Armenia e l’ Azerbaijan per la annessione di questa regione che allo sfaldamento dell’URSS era riuscita ad avere l’indipendenza. Fanno parecchia confusione e mi perdo ,cerco di chiudere e gli lascio qualche banconota.
Mi soffermo ad assaporare la suggestione del luogo , la luce sta calando il fuoco crea ombre che si perdono nella volta ,quanta gente avrà pregato quì, questa religione monoteista poco conosciuta che mi ha fatto nascere una domanda a Yazd e ancora ora non ha trovato risposta: Zoroastro morto a 33 anni ucciso a bastonate, Gesù , crocifisso a 33 anni , Ali ben Ussein (sciiti) ,decapitato a 33 anni perchè queste religioni sono iniziate con profeti così simili?
Con questi pensieri lascio il tempio e raggiungo il mio taxi , ormai è buio e mi faccio portare in Hotel cercando di farmi spiegare il dramma del Nagorno Karabakh ma il punto di vista è diverso dai ragazzi che facevano da guida e la cosa si confonde ancora di più ma apprendo che la guerra ha fatto migliaia di vittime. E tutto per ragioni di petrolio ….la solita storia.
Cena in Hotel,niente di particolare , solo il caviale da un certo tono al menu , qui è abbondante e costa relativamente poco d’altronde se non lo mangi qui ,dove?
La perturbazione sta arrivando anzi credo sia arrivata da come sento tambureggiare la pioggia . Cambio nuovamente i miei piani : volevo fare un giro sui viali del lungomare ma credo di rintanarmi nella Longue ,bermi qualcosa ed andare a dormire . Mi siedo su un alto sgabello vicino al bancone del bar e mi guardo intorno. Ci sono parecchi tavoli occupati e nella maggior parte vedo un uomo grasso e una giovane donna che oltre ad essere della metà del peso ha anche la metà degli anni. Questo sembra essere la cosa comune ai bar degli Hotel di mezzo mondo. Dovrei dedicarmi alla statistica , quanti uomini raggiunto uno stato di benessere si accoppiano con ragazze con la metà dei loro anni? . Immagino una alta percentuale da quello che ho visto in giro e qui certamente si contribuisce ad aumentare la media. Ora non resta che controllare un’altra nota statistica e..Ordino una Vodka –Lemmon e appena il bicchiere appare davanti a me conto con la mente guardando fisso il bicchiere . Arrivo a 20 e come per magia si materializza sullo sgabello a fianco al mio una splendida creatura di genere femminile avvolta da una nuvola di profumo da farti venire l’allergia. La statistica è confermata ,appena appare il bicchiere davanti ad un uomo solo al banco del bar ,entro 30 secondi appare una donna che non ha altro posto da sedersi se non vicino a te. Per verificare l’efficienza dell’Hotel c’è un’altra verifica. Mi giro lentamente a guardarla e il suo viso si illumina con uno sfavillio di occhi ,con delle ciglia di una lunghezza preoccupante, le labbra si schiudono ,la punta della lingua scorre sulle labbra e con una voce suadente , anche se leggermente indurita da un accento russo, mi dice:
“Sicuramente tu devi essere Italiano”
“Si,ma come hai fatto a capirlo”
“Voi italiani avete un certo modo di fare, di vestirvi….”
“Tu devi essere russa”
“No,Ucraina”
“Come mai qui?”
“Per affari e tu?”
“Affari ….ma non volendo farti perdere tempo ..visto che il tempo è denaro ….ti dico subito che finito di bere vado a dormire e …da solo, buonanotte”
“Non è il caso ..possiamo parlarne …non credi”
“Conversazione chiusa …non voglio essere maleducato”
Efficienza confermata ,la ragazza parla italiano , le notizie volano veloci e ognuna ha il suo campo …Lei opera con gli italiani , si è specializzata .
Mi giro lentamente dall’altra parte e sullo sgabello a sinistra c’è seduto un uomo sulla sessantina con un vestito che lo fascia strettamente e trastulla in una mano un rosario islamico e nell’altra un largo bicchiere con un liquido d’orato ,non lo avevo visto arrivare ma deve aver assistito a tutta la scena .
I nostri sguardi si incrociano e in contemporanea alza un sopraciglio e il bicchiere , io rispondo mimando l’alzata del bicchiere .
Sarò mica caduto dalla padella nella brace, riporto lo sguardo sullo specchio sul retro del bancone , andrò a dormire . La ragazza si è allontanata e sta parlando con un’altra vicino a un tavolino , l’uomo si rivolge a me in un inglese aspro e mi chiede di dove sono e se sono li per affari, non ho molta voglia di rispondere e potrei anche far finta di niente ma voglio vedere come si svolge la sequenza.
La conversazione va avanti abbastanza fluente e mi racconta che ha ereditato qualche pozzo di petrolio e da allora la sua vita è cambiata .
“Qualche pozzo di petrolio?”
Può essere tanto o poco,a queste latitudini , ci sono pozzi molto piccoli o grandi giacimenti, sono curioso e vorrei sapere di più ma non voglio porre domande dirette lascio continuare il discorso e cerco di indirizzare l’argomento.
Ha 6 pozzi molto piccoli dei quali si occupa personalmente con la famiglia ma rispetto alla media guadagna un sacco di soldi , vende i suoi barili ad un intermediario che viene a caricarli ogni 3 giorni ,prende i pieni e gli lascia i vuoti e guadagna circa 1000$ al giorno ma tiene i piedi per terra sa benissimo che il pozzo si può esaurire e deve pensare al futuro . Una volta ogni 15 giorni viene a cena qui e a bere un paio di drink con la moglie che in quel momento arriva. Una donna ormai sfiorita ,i capelli sono bloccati da fermagli lucidi,le guance rubizze ,segno di permanenza all’esterno per la maggior parte del tempo, le mani non sono molto curate , sono mani che lavorano.
Mi invitano al tavolo con loro per un bicchiere e mentre fa le presentazioni sento che parlano una lingua che conosco e allora accetto.
La signora si meraviglia che io parli il Farsi e io chiedo loro come mai anche loro lo parlino e mi raccontano che provengono da una regione che confina con l’Iran e che tempo fa apparteneva alla Persia.
La conversazione va avanti sui soliti binari ,famiglia ,parenti,cibo ma rimango ben impressionato da questa coppia che nonostante abbia avuto fortuna non si è montata la testa ed ha mantenuto uno stile di vita abbastanza umile levandosi qualche piccola soddisfazione …sentire certe cose fa bene e fa conciliare con la vita anche se la pioggia è diventata un uragano.
Il telefono trilla nella notte ,lo cerco sul comodino ,una voce mi comunica che è l’ora della sveglia .Mi serve qualche attimo per capire dove sono . Guardo dalla finestra ,la pioggia ha rallentato ma arriva a folate ,il buio è ancora denso.
Scendo nella hall , qualcuno dovrebbe recuperarmi. I camerieri sono già attivi e chiedo se si può fare colazione ma mi rispondono che la sala colazioni è chiusa. Ormai rassegnato mi siedo ad aspettare ma una giovane ragazza mi dice che se voglio mi porta un caffè e qualcosa da mangiare, bene le cose incominciano a girare per il verso giusto.
L’ora dell’appuntamento è abbondantemente passata e non ho nessuna notizia, probabilmente dovrei essere preoccupato ma in realtà non me ne frega niente , la mia paga è iniziata quando sono partito , se si dimenticano di me va bene lo stesso. Dopo 2 ore arriva un tizio con una uniforme strana e chiede di me . Ha un sacco in mano e me lo porge dicendomi di indossare la tuta che è dentro.
Dentro c’è una specie di tuta tutta di un pezzo con una cerniera in diagonale ,un paio di calzerotti e degli stivaletti bassi con all’interno del pelo. Indosso il tutto e mi guardo nello specchio e mi sento un po’ ridicolo anche se non so come hanno azzeccato le taglie.
Salgo su un grosso fuoristrada ed usciamo dalla città ed arriviamo nella sede della compagnia petrolifera, li salgo su un grosso elicottero di fabbricazione russa con doppio rotore. Nel vano posteriore ci sono molte casse e attrezzature varie . Mi guardo in giro e continua a piovere a tratti di traverso e sento le gocce sbattere violentemente sulla carlinga “un bel giorno per volare”.
Arriva il pilota e mi lancia un paio di cuffie e mette in moto, il rumore è veramente forte e nonostante la protezione è veramente fastidioso.
Il grosso bestione si alza in volo e lentamente ,a me sembra fin troppo lentamente, si avvia verso il Mar Caspio. Quando ci siamo sopra riesco a vedere che veramente incazzato , ci sono onde alte e il cielo è cupo.
Dopo quasi 2 ore intravedo negli spruzzi la piattaforma , cazzo come sembra piccola …chi me lo ha fatto fare .
L’elicottero si predispone sulla piattaforma di atterraggio ma il vento continua a spostarlo. Mi fanno capire che praticamente devo scendere al volo o meglio con l’elicottero non ancora posato. Quando aprono il portello capisco l’utilità della tuta , fa un freddo cane . Scendo con i piedi sulle barre di atterraggio , il ponte sarà a un metro ed è tutto bagnato , sono sicuro che cadrò lungo.
Mi incitano a scendere ma sono titubante e..ho anche paura . Finalmente mi decido e salto , riesco a stare in piedi e mi dirigo verso le scalette dove vengo accolto ed accompagnato dal responsabile .Sono ancora frastornato e non riesco a capire cosa mi dice l’ingegnere capo.
“Non ti ricordi di me?”
“Veramente no ma se mi dai un attimo …me la sono quasi fatta addosso e non connetto “
“Ti aiuto . Vratza – Bulgaria “
“Adesso si …ma hai cambiato mestiere, prima non ti occupavi di stabilimenti chimici”
“La mia compagnia si occupa anche di petrolio e anch’io da qualche anno”
“Ma tu in Danimarca non ti trovi bene che sei sempre in giro?”
“E tu in Italia ?”
“Sai com’è…”
“il tuo bagaglio dovrebbe essere nella tua cabina, credo che tu conosca già la situazione logistica delle piattaforme , tra un’ora dovrai partecipare a un corso di sicurezza , i tuoi colleghi dovrebbero arrivare domani , stasera sei invitato al mio tavolo per cena.”
La cabina merita una descrizione : un loculo con un letto lungo 1,70 mt considerando che io sono 1,84 , dovevo dormire in diagonale ,un microscopico lavandino e gli altri servizi in comune fuori , uno splendore.
Il mio amico Sorrens è stato un ospite squisito, una piccola consolazione che i miei tre colleghi americani erano più grossi di me e nel letto ci stavano ancora più scomodi, i turni di lavoro non ti lasciavano spazio a tanti pensieri .
Il turno 6 ore di lavoro e 6 ore di riposo è massacrante e cerchi di dormire in ogni condizione.
Quando ho finito il lavoro e con questo la mia permanenza su quella piattaforma, il sole splendeva, il mare era calmo e mi sono goduto il viaggio in elicottero, in lontananza cercavo di intravedere la costa.
I miei pensieri tornavano a Sorrens , ci eravamo conosciuti nell’80 in Bulgaria , abbiamo lavorato assieme quasi 2 anni ma non abbiamo mai legato , sul lavoro avevamo un buon feeling ma fuori avevamo frequentazioni diverse . Eravamo due giovani di belle speranze e non avrei mai pensato di incontrarlo nuovamente ma forse è proprio vero che il mondo è veramente piccolo.
Il periodo è stato corto ma questa volta ho sentito veramente la mancanza dei miei affetti…
dovrò decidermi..
Matilde
Maggio 27, 2012 § 39 commenti
Matilde Cattiva
Sono cattiva. Non sorrido, non piango e soprattutto non piagnucolo, non voglio essere e apparire debole, fragile e neppure simpatica: non mi interessa mettere gli altri a loro agio, mostrare tolleranza, per carità, dolcezza, gentilezza, arrendevolezza, modestia: tutto l’armamentario tradizionale del femminile non mi appartiene, e non voglio che mi appartenga. Mi ripugna: mi ripugnano i buoni, e i buonisti, con tutto il corollario della melassa dei buoni sentimenti.
Io sono aggressiva, ambiziosa, voglio emergere, non voglio solo essere accettata: voglio vincere. E vinco. Perché io sono brava, e gli altri me lo devono riconoscere eventualmente da sudditi, non da padroni che mi sorridono e ai quali sorrido per conquistare la loro simpatia. Io sono brava, e per affermarlo non chiedo permesso, scusi,mi dispiace, a nessuno. Sono brava, e basta. E ci credereste? Funziona.
Pozzi di vuoto
Maggio 25, 2012 § 33 commenti
I visi si avvicinano fino a fermarsi ad un centimetro l’uno dall’altro, si convogliano in quel centimetro che li divide un concentrato di aspettative, in quello spazio che segna la misura tra un niente ed un bacio, uno spazio destinato a scomparire, è questione
di attesa, del piacere di un’attesa, del piacere di mantenere quel
centimetro immobile, senza fretta. Il centimetro può diventare un metro o una distanza indefinita ma quel centimetro ha stabilito che la soglia si può superare . Poi di nuovo il centimetro ripetuto è un invito e nello spazio tra le due labbra sconosciute si sente l’attrazione che si fa prepotente.
Il bacio è ineluttabile.
Dopo qualche secondo hai la sensazione di aver sprecato qualcosa di prezioso ma il braccio che ti sfiora mura le remore .
Nemmeno due ore dopo con la mente schiarita la guardo mentre si riveste, mentre raccoglie i suoi indumenti sparpagliati, mentre mi scarabocchia un numero di telefono, mentre mi dice di chiamarla , mentre guardo la sua schiena che sparisce di là della porta sento una sensazione dentro che si espande che cerco di non palesare perché sicuro fa male.
Di tutte le volte che è così, di tutte le volte che so che non me ne
frega niente, di quando mi chiedo se finirà questo peregrinare in
storie inconsistenti che ti scivolano addosso senza lasciare nemmeno
l’odore, di quando mi sembra di sentire il vuoto e di quando mi lascia vuoto.
Un vuoto costruito ad arte fuggendo e rifuggendo ogni sentore di
rapporto che possa dirsi tale, ricordando la paura provata l’ultima
volta che qualcuno mi ha detto “ti amo”, mentre facevamo l’amore e io cercavo di non guardarla e tacevo. Solo le passavo la mano sulle labbra e pensavo:
“Cazzo , come sprechi il tuo amore …io proprio no”.
E quando sento la porta che si chiude dietro di lei ciò che rimane è un numero di telefono, che probabilmente non chiamerò e quella sensazione di vuoto collegata a quel gusto un po’ amaro e il pensiero che non è così che si costruisce un amore ma solo un pozzo di vuoto.
Mirko
Maggio 19, 2012 § 12 commenti
Piccola serie di racconti di “Uomini si raccontano”
5°
Mirko Il poeta
L’ho scoperto tardi, ma l’ho scoperto, sono un poeta!
E’ successo per caso di rintracciare questa dote dentro di me e sono io il primo a stupirmene. Si ho sempre amato raccontare storie, inventare favole per i miei figli , era un espediente per comunicare con loro quando erano piccoli mettendomi anch’io nella posizione del bambino, e mi divertivo anche, era più facile poi essere il genitore severo ed esigente quale sono stato.
Intransigente prima di tutto con me stesso, sempre a fare, fare, e a spostarmi per migliorare, senza un attimo di tregua, a prendere in considerazione solo i fatti concreti, la vita presa di petto, senza esitazioni, si decide e si fa. Non dovevo dimostrare niente a nessuno, lo facevo per me, per il piacere di mettermi alla prova. Non ho mai avuto tempo per pensare e poi mi sembrava inutile farlo, quel che serve si certamente, ma nemmeno farsi troppi scrupoli altrimenti si rischia di lasciar passare le occasioni, di restare indietro, non certo io.
Ho sempre guardato con sospetto coloro che si abbandonano alla fantasia non parliamo degli intellettuali li ho sempre considerati degli inetti senza spina dorsale, delle mezze cartucce di uomini: A me piace costruire con le mani e vedere il prodotto del mio lavoro, e non fare castelli di parole senza capo né coda.
Lo riconosco a volte sono stato duro con me stesso, non mi sono concesso molto, solo occasionali “fughe” alla fine, però non fraintendetemi , ho saputo anche godermi la vita certo a modo mio, senza coinvolgermi troppo.
Il senso dell’umorismo quello sì l’ho sempre avuto, chissà forse l’ho ereditato da mio padre che anziano com’è ancora sorride alle belle ragazze, oppure l’ho appreso da mia madre che sapeva vedere lontano, con leggerezza, o da mia nonna, mentre cucinava mi insegnava i nomi delle piante; oppure da tutti loro insieme. Guardare al lato umoristico delle cose mi ha sempre attirato, mi alleggerisce il cuore, e farmi due belle risate con gli amici toglie le preoccupazioni dalla mente.
Fatto è che alla bella età di cinquanta anni mi sono ritrovato a scrivere poesie e quel che è peggio a pensare poetico. All’inizio ho cercato di non farci caso, passerà, mi dicevo, sarà un periodo così, capita, come l’influenza.
Quando poi la faccenda si è prolungata ho iniziato a preoccuparmi, è mai possibile che proprio a un tipo come me doveva succedere un cosa del genere? Non ci volevo credere, se lo avessi detto a qualcuno che mi conosce mi avrebbe sorriso in faccia, capite che non lo potevo dire.
Per un po’ ho fatto finta di niente, come dicevo, ma non è servito, le parole poetiche, tutte quelle sdolcinature che avevo sempre tenuto distanti, le dolcezze melense, l’esagerazione dei sentimenti, insomma tutto quel corollario di emozioni effimere, di inutili esaltazioni della natura, dell’amore per una donna, mi arrivavano così facilmente e senza alcuna ricerca da parte mia da lasciarmi sbigottito. Avrei voluto ribellarmi ma non potevo, mi sentivo a disagio.
Ora questo modo di essere nuovo e per me sconosciuto occupa parte dei miei pensieri, mio malgrado, insieme all’altra parte , per fortuna, quella concreta, ben piantata per terra. E poi è successa una cosa straordinaria: mi sono reso conto di stare bene, mi fa bene aver riaperto questa risorsa, sento dentro una gioia nuova , come un soffio leggero che mi risana, e anche una capacità acquisita, più sottile di osservare il mondo, di dare valore a ciò che conta davvero e un’apertura maggiore verso gli altri e all’amore.
Ci ho messo un po’ di tempo, ora lo so, sono un poeta.
Quieto vento
Maggio 17, 2012 § 16 commenti
si sente il respiro del mondo
questo quieto vento
che sparge foglie
sull’ aia
raccogliendo i fugaci sguardi
dei sognatori
dei pittori di luce di luna
senti il battito della terra
ritmato dai raccoglitori dell’ultimo grano
questo tuo sentire
si trasforma in un vedere
senti il fruscio
del tocco di una mano che accarezza il cuore
Rosy
Maggio 14, 2012 § 43 commenti
È seduta ad un tavolino di un bar, in centro a Firenze, ci ha messo due ore a prepararsi per la serata che l’aspetta, depilazione minuziosa durante il bagno caldo e profumato di magnolia, crema idratante accuratamente spalmata su ogni centimetro del corpo, deodorante in stick che non macchia i vestiti, profumo delicato dietro le orecchie e sui polsi (Chanel n°5). Sta sorseggiando un aperitivo alcolico cercando di stemperare la tensione. Mentre l’alcool entra in circolo favorito dallo stomaco digiuno, visualizza nitidamente la propria figura al centro della piazza. Si vede dall’alto come un puntino nero, piccolo e immobile al centro di quella piazza freneticamente attiva. Sono le 18,30 e la città si sposta dai luoghi di lavoro a casa o da casa ai luoghi di incontro per l’aperitivo, i turisti che affollano in gruppi le strade di Firenze tutti i giorni dell’anno intralciano immancabilmente la camminata frettolosa dei fiorentini. Passano minuti interminabili, il bicchiere è vuoto ma è presto, non può muoversi da li fino alle 19,15 come le è stato ordinato e lei non trasgredisce mai agli ordini, per questo è molto ricercata. Rosaria, così si fa chiamare, è un avvocato nella vita reale, con la passione per i giochi erotici. Diversi anni or sono si è iscritta ad un sito per incontri particolari e da allora organizza serate di gioco con uomini accuratamente selezionati che la cercano per le sue doti di donna raffinata, docile, ubbidiente e indiscutibilmente interessante. È ora, Rosaria si alza e si incammina verso Corso Cavour, l’appuntamento è in Piazza San Marco davanti allo storico e omonimo bar. Quando lui le aveva dato appuntamento li si era chiesta se non avesse sbagliato città fino alla verifica dell’indirizzo in internet. Corso Cavour è una strada particolarmente trafficata, una delle poche vie del centro ancora percorribile in automobile. Non bastasse il traffico su ruote, anche i marciapiedi sono stretti e pieni di ostacoli: persone che si incrociano e si scontrano in continuazione, furgoncini parcheggiati in qualche modo con le quattro frecce accese che scaricano materiali e merci ai negozi, portoni di scuole, attività e uffici pubblici che espellono altra gente a ritmo regolare, la pavimentazione in porfido complica la camminata sui tacchi altissimi a stiletto che è stata costretta a mettere per l’occasione. Maledetto porfido! Un tacco si è incastrato in una fessura, ad un primo tentativo non accenna ad uscirne. Rosaria è costretta a fermarsi, accucciarsi ed estrarre il tacco con le mani attirando l’attenzione di chi ancora non si fosse accorto di lei. Non passava certo inosservata, l’abito nero e attillato che indossava mostrava anche più del necessario, il tessuto impalpabile di cui era fatto evidenziava qualsiasi piega della pelle, la brezza della serata autunnale le aveva fatto rizzare i capezzoli e la mancanza di intimo sotto il vestito non aiutava a nascondere la sua quarta di seno fortunatamente ancora sodo. Ecco fatto! Il tacco è libero, la camminata può proseguire verso la meta. In lontananza scorge un’auto scura, un’Audi station wagon nera, accostata al marciapiede di fronte ai tavolini del bar San Marco. È lui. Il riflesso delle luci sul vetro posteriore le impedisce di vedere che lui la sta già osservando dallo specchietto retrovisore e si gode la camminata sinuosa di quella donna che per quella serata è sua. Ad ogni passo le sue morbide natiche ondeggiano elegantemente alternandosi in un movimento davvero sensuale. Il seno libero traballa facendo capolino dalla profonda scollatura.
Un attimo di esitazione, afferra la maniglia cromata e apre la portiera. Lui fissa la gamba che precede quel corpo tanto attraente, la caviglia sottile accompagna la scarpa nera tacco 10, molto elegante. La coscia sinistra si adagia sul sedile in pelle chiara, lui alza lo sguardo e incontra un paio di occhi verdi, intensi, esaltati dal trucco marrone. Le prende la mano, la bacia sulle dita, ha labbra morbide e carnose, mette in moto. Sir Andersen, con questo nome si era presentato la prima volta nella messaggeria del sito, era un uomo alto, capelli brizzolati non molto folti, occhi verdi, sulla cinquantina. L’auto scorre veloce per le strade cittadine, è l’imbrunire, le insegne e i lampioni sono già accesi. Man mano si allontanano dal centro le abitazioni si diradano, imboccano una strada priva di illuminazione, in salita, tortuosa. Ad ogni curva i seni di Rosaria privi di sostegni artificiali seguono la forza centrifuga. Un certo imbarazzo aleggia nell’aria, lui sembra molto sicuro di se, non accenna una parola durante tutto il tragitto e il pensiero di lei si perde nelle mille aspettative sulla serata appena iniziata. Dopo l’ennesima curva l’auto svolta in una stradina ancor più piccola, sterrata, piena di buche, avvolta da una fitta boscaglia. Ma dove diavolo sta andando? L’ultima curva svela le luci di un parcheggio. L’auto si ferma, posteggia accanto ad una Mercedes chiara berlina. Nel silenzio Sir Andersen tende la mano destra con il palmo verso l’alto, vuole una cosa che lei ben conosce, vuole una prova, la prova che un altro ordine è stato diligentemente eseguito. Rosaria estrae dalla borsa gli slip in pizzo nero e li posa sul palmo aperto di lui. Un sorriso di soddisfazione colora il suo profilo interessante accennando una manciata di rughe sottili accanto allo sguardo deciso. Aprono all’unisono le portiere, scendono ed entrano nel ristorante. È un posto intimo, incantato, in cima ad una delle colline che circondano Firenze, un piccolo locale immerso nel verde e decorato con decine di luci sapientemente posizionate nel buio del giardino. Dentro le luci sono calde e soffuse, l’arredamento è elegante con un tocco rustico. I tavoli distribuiti nelle due piccole sale sono una ventina, ma occupati solo quattro, cinque con il loro arrivo. Una donna grezza e di poche parole, che stona con l’atmosfera romantica del locale, li accompagna al tavolo. Lui ne sceglie uno in fondo alla seconda sala. Mentre passano fra i tavoli gli uomini osservano Rosaria con la coda dell’occhio che ondeggia sinuosamente come sempre. Le loro donne non se ne accorgono, sono troppo impegnate a fissare Rosaria con curiosa invidia, “chi è lei e chi è lui?”. Sicuramente la coppia non passa inosservata, entrambi sono affascinanti, eleganti, magnetici. Si siedono e l’imbarazzo si impossessa nuovamente di Rosaria, non capisce, di solito non le capita. “Imbarazzata?” Rosaria accenna un si con il capo, ha gli occhi lucidi. “Cos’è? Sono io, è il ristorante?”. Non è niente, solo che Rosaria gioca sempre al chiuso, non ha mai organizzato una serata pubblica. “Tranquilla, sarà una serata speciale, puoi fermarmi quando vuoi” la sua voce è calda e rassicurante, le prende nuovamente la mano e la bacia sulle nocche.
Rosaria si sente osservata, alza lo sguardo e al di la del camino che divide le due sale una donna bionda e sciatta la fissa. Sir Andersen se ne accorge – “Ci penso io…” – estrae gli slip in pizzo dalla tasca dei pantaloni posandoli ben in vista sul tavolo. Li copre con una mano mentre ordina la cena per entrambi, poi la toglie nuovamente. La donna bionda li scorge e, sentendosi scoperta, smette di fissare Rosaria lanciandole un’occhiata solo di tanto in tanto, non può resistere alla curiosità di quella strana coppia. Gli slip restano sul tavolo finché la signora non arriva con i piatti di tagliolini al tartufo bianco. Mentre posa le pietanze sul tavolo li vede, finge di non capire o forse non capisce ma intuisce. Abbozza un sorriso e con discrezione si allontana. Mentre mangiano Sir Andersen la imbocca spesso attirando nuovamente l’attenzione dei presenti, il loro tavolo diffonde elettricità, energia. “Voglio una prova inequivocabile che non hai indossato nulla di intimo sotto l’abito” – Rosaria solleva il vestito fino all’anca, sporgendo la natica sinistra fuori dal bordo della seggiola, la pelle abbronzata e liscia non è interrotta da alcun capo d’abbigliamento intimo, si rimette seduta compostamente distendendo il bacino sotto il tavolo. Incrocia la gamba sinistra con la sua gamba destra, invitandolo. Lui insinua una mano sotto il tavolo facendola scorrere verso l’inguine di Rosaria fino a toccarle il sesso – “Fai finta di niente, continua a parlare sforzandoti di mantenere un tono naturale finché non smetto” – gioca con lei per qualche minuto. Arriva la signora con i secondi piatti. Senza staccare lo sguardo dagli occhi verdi di Rosaria ringrazia la signora e attende che si allontani. Toglie la mano da sotto il tavolo e con la stessa mano afferra un pezzo di verdura pastellata dal piatto, ne morde metà e imbocca lei con l’altra metà spingendo la mano fino ad infilarle in bocca la punta delle dita. Le sorride, la cena prosegue normalmente e come una normale coppia, commentano i presenti. Un paio di tavoli più in la c’è una coppia davvero pittoresca, sembrano usciti da un film di Verdone, stile ‘o famo strano in Viaggi di Nozze. Lui, palestrato, indossa una maglia aderente, rosa con disegni argento, lei fasciata in un paio di jeans sdruciti, un corpo non proprio modellato e una camicia elasticizzata che da l’effetto salame. Sono certamente una coppia clandestina, quando squilla il di lui cellulare dalla suoneria invadente risponde e con tono poco discreto informa l’interlocutrice, una certa amo’ di essere a casa in procinto di andare a dormire. Lei, dopo averlo ascoltato mentre dichiarava di non volere impegni e responsabilità di alcun genere, tenta di parlargli di se e come ogni donna al primo appuntamento lo investe con tutte le sue disavventure sentimentali facendo l’errore di scoppiare a piangere nel bel mezzo della cena. Non sarà una coppia di lunga durata. Nel frattempo il ristorante si è svuotato, sono gli ultimi due tavoli. E’ tempo di uscire. Sir Andersen, galantemente, ha già pagato, prende Rosaria per mano e la conduce fuori.
Un lungo bacio li trattiene nel parcheggio per qualche minuto, poi, nel silenzio, salgono in auto riprendendo la strada tortuosa di prima. Nel buio di quella notte limpida le luci di Firenze scintillano come diamanti al sole. “Toccati! E non smettere nemmeno quando saremo nuovamente illuminati dalle luci della città, nemmeno quando ci fermeremo ai semafori, non smettere finché non arriviamo” – lei, inebriata dal vino rosso non barricato bevuto in abbondanza durante la cena, solleva l’abito fino a scoprire le cosce, sente il freddo dei sedili in pelle beige a contatto con la sua pelle abbronzata, solleva la gamba destra e appoggia il piede sul cruscotto. Il respiro si fa sempre più carico, con gli occhi socchiusi scorge le luci dei semafori, i lampioni, la gente che chiacchiera ai bordi delle strade, le auto parcheggiate, tutto scorre veloce come nella scena accelerata di un film. Silenziosamente l’auto entra nel parcheggio di un albergo, Rosaria sente solo il rumore della ghiaia sotto le gomme dell’Audi. Sono le 23 e tutti gli ospiti tornano dalla cena o escono verso i locali, lei sale su di lui che resta al posto di guida, fanno l’amore come due adolescenti, senza parlare, baciandosi e accarezzandosi, la posizione è scomoda ma sembra non se ne accorgano. L’atmosfera è carica di erotismo, Rosaria non è abituata, di solito non si sente coinvolta ma c’è qualcosa di diverso, una dolcezza inaspettata. Sempre nel silenzio salgono in stanza, mano nella mano percorrono le scale strette e ripide della vecchia costruzione medioevale ristrutturata, i rumori della notte sono nitidi, le chiavi che entrano nella toppa, i passi, il fruscio dei vestiti. Si spogliano completamente e fanno l’amore di nuovo per ore, si assaggiano, si baciano, si toccano, si accarezzano. Dopo l’apice restano stesi con i corpi accaldati che aderiscono l’uno all’altro. Lui guarda l’orologio, la bacia sulla tempia, si alza e si riveste. La sua vita è a casa che lo aspetta, lei lo sa, era preparata, o così pensava. Una lacrima le solca il viso mentre sente la porta che si apre e si chiude, i passi sulle scale si allontanano, il rumore dell’auto che si accende e sfuma scomparendo nella notte.
Rosaria si alza , schiaccia il bottone “on” un leggero ronzio accompagna lo schiarirsi dello schermo, la pagina della chat si apre . Gli occhi corrono sulla lista dei nick , cerca di immaginare la figura che si cela dietro a quei nomi improbabili, la mano corre ad accarezzare la gota e rimuove la leggera traccia di umido. Bando alla malinconia ,
Rosy è tornata in pista , si apre a caccia.
Vita disordinata
Maggio 9, 2012 § 67 commenti
Basta, devo mettere ordine nella mia vita.
Pensieri sparsi, serie di fatti inconcludenti.
Ho necessità di ordine ,i pensieri vanno indietro nel tempo , si accavallano , perdono la sequenza dei fatti , la cronologia temporale si sfuoca.
Storie inconcludenti , fatue , lasciano spazio a sequenze ben determinate come se volessero segnalarmi qualcosa , ho bisogno di qualcosa di certo , di definitivo.
Nella mia vita ora regna la confusione , non riesco a governare le energie.
La comunicazione è in uno stato pietoso, sparso , con risultati poco incoraggianti . Si rasenta la staticità , la lentezza di collegamento mi snerva , ci sono lentezze che mi esasperano .
Ho bisogno di ordine nella mia vita.
Non parliamo del lato economico che fluttua quasi a livello giornaliero, mi lascia perplesso e la confusione regna sovrana ,non ho governo e la mente si arrovella , cerca soluzioni.
La vita ci propone resoconti a cadenze predefinite e io mi ci sto perdendo , devo porre freno a questa caduta, devo decidermi.
Ho urgenza di ordine nella mia vita.
Fatti salienti della mia vita , punti fermi, capisaldi mi stanno fuggendo , si nascondono sotto a strati di inutili orpelli . Si accumulano informazioni senza nesso e senza senso coprendo le certezze e ne alterano i contorni lasciandomi dubbi.
Non posso rimandare ,l’ordine nella mia vita è vita.
Ho deciso domani vado all’ IKEA e compero Micke la cassettiera, così potrò ordinare tutte le bollette e fatture.
Finalmente un po’ di ordine nella mia vita
Alfredo
Maggio 8, 2012 § 6 commenti
Alfredo Il fiore all’occhiello
L’ho appreso da ragazzo questo espediente: essere sempre, da fermo, seduto, mente cammino come se avessi un fiore all’occhiello, l’ho adottato e se in un primo tempo ho dovuto faticare per ricordarlo, mi sono allenato anche davanti allo specchio, ora mi viene naturale, non me ne accorgo neppure. Funziona, eccome funziona! A scuola me ne stavo impettito, dritto davanti ai professori e così accadeva che anche quando non avevo studiato la sufficienza era assicurata. Lo stesso all’università, dovevo preparare l’esame, un poco, questo si, e poi il mio atteggiamento sicuro faceva il resto. Con le donne poi, seppure non sono bello, normale direi, ho sempre avuto successo: con le donne non mi è mai andata buca, anzi capita pure che si innamorano e allora a quel punto sono io che abbandono la partita. Non cerco complicazioni io, non ho intenzione di legarmi sentimentalmente a una qualsiasi, riflettendoci non mi sono mai innamorato, a che giova? Io sto bene così, ho tutto quello che desidero. Ho fatto carriera nel lavoro, sono dirigente è ovvio e il mio modo di presentarmi mi ha aiutato, sono una persona di potere che incute rispetto. Guadagno bene, ho una bella casa con tutti i confort moderni, una bella libreria moderna piena zeppa di libri, tutti nuovi, non li ho mai letti, però fanno scena, un guardaroba di vestiti e accessori di ogni tipo, naturalmente firmati, non mi faccio mancare niente. Mi piace avere cura di me, del mio corpo, pratico degli sport, palestra, nuoto, d’estate il tennis e d’inverno vado a sciare. Di tanto in tanto organizzo delle feste a casa mia, sempre di grande effetto. Mi tengo aggiornato su tutto, le mostre d’arte, gli eventi mondani, i vernissage. Ho una gran quantità di amici, oddio amici non proprio, conoscenti che ruotano intorno, alcuni li frequento andiamo insieme a prendere “una cosa” nei locali alla moda, ci si presenta, si scambiano quattro chiacchiere e poi magari capita di ricontrarci, è così. Ho le mie idee politiche ben precise, conservatore, ammiro gli uomini che hanno iniziativa e danno sicurezza.
La scorsa notte mi sono svegliato, strano prendo sempre per precauzione una pillolina la sera, al mattino devo essere in forma, non riuscivo a riprendere sonno e allora mi sono alzato ed è successo un fatto incredibile, non potevo reggermi dritto, per quanto tentassi , niente restavo piegato in due con il busto in avanti, non avevo dolore ero solo bloccato in quella posizione. Ora sono ricoverato in una clinica, la migliore, i medici stanno studiando il mio caso, sicuramente una soluzione si troverà. Altrimenti dovrò trovare un altro espediente.
Silvia
aprile 30, 2012 § 9 commenti
Piccola serie di racconti :”Donne si raccontano”
5°
Silvia Poesie al call-center
Mi piace spendere, e scrivere. Non posso spendere. Ma scrivo: sono almeno dieci anni che scrivo poesie. Non le pubblico, perché nessuno le vuole: le poesie non si vendono, dicono. Così solo riempiono i cassetti della mia scrivania. Di tanto in tanto partecipo a qualche concorso per dilettanti. Mi chiamano a leggerne una in pubblico e qualcuno mi applaude. La cosa mi rende felice, mi ridà entusiasmo e fiducia in me stessa, scrivo una nuova poesia. Lo faccio per me: bisogna pur regalarsi qualcosa. Sono laureata. Per vivere, anzi per sopravvivere, ho trovato lavoro in un call-center: settore sondaggi telefonici, quattro ore tutti i pomeriggi, sessantacinque centimetri di euro per ogni telefonata, più riesco a farne e più guadagno. A malapena riesco ad arrivare a settecento euro al mese. Ma c’è chi sta peggio di me: almeno io ho le mie poesie.
anche se le leggo solo io